Museo delle Mummie di Roccapelago

Museo delle Mummie di Roccapelago

Contatti

Per informazioni e itinerari guidati (anche in lingua inglese)

 

Cell. 334 3470940 

(Associazione Pro Rocca)

 

Tel. 053671322 int. 14

(Comune di Pievepelago)

 

www.museomummieroccapelago.org

www,comune.pievepepelago.mo.it


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IL RITROVAMENTO

STORIA

A partire dal 2008, il complesso ecclesiastico è stato oggetto di un importante  restauro architettonico, resosi necessario per consolidare le strutture murarie, il tetto e la pavimentazione interna.

L’indagine archeologica è stata condotta sul campo dall’archeologa Barbara Vernia, sotto la direzione scientifica degli archeologi Donato Labate e Luca Mercuri della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna. La prima campagna di scavo nasce contestualmente ai lavori di consolidamento e termina nel novembre del 2009. Solo dopo la messa in sicurezza dell’ambiente voltato, poi cripta, ebbe inizio lo scavo, era il 10 dicembre 2010 fig.2. Lo scavo è stato condotto inizialmente a mezzo meccanico e successivamente a mano. Via via che veniva liberato l’ambiente dal riempimento, le aperture sul muro ad est, aprivano sul locale sotterraneo un panorama mozzafiato fig.3. Durante la campagna precedente era già stata individuata nell’angolo sud-est dell’ambiente voltato una tomba denominata 5 fig. 4 , ma nessuno pensava che sotto al massiccio riempimento ci sarebbe stata una così numerosa presenza di corpi, molti dei quali mummificati naturalmente. Oltre ai resti umani, di notevole interesse, il rinvenimento della porta chiusa sulla parete nord fig.5 , e della scala nell’angolo di nord ovest fig., che stabiliva il rapporto di questo ambiente con la Chiesa soprastante. Attraverso lo scavo di questa ambiente è stato possibile anche riconoscere il limite dell’antica torre, il cui perimetro coincideva sui lati nord, est e sud con i muri della cripta fig.6. Dalla parete est all’esterno, è possibile ancora oggi riconoscere l’antica struttura e le piccole feritoie appartenenti alla cripta fig.7.

Il potente strato dei corpi adesi l’uno sull’altro fig.8 , presentava alcuni aspetti interessanti: le prime deposizioni erano state fatte sfruttando le asperità della roccia affiorante, e probabilmente in questa fase i corpi erano stati coperti da una matrice argillosa, per cui si sono malamente conservati elementi accessori del corpo, rarissimi gli indumenti e i sacchi a guisa di sudario. La deposizione cambia e i defunti posti sopra ai precedenti,vengono sepolti senza copertura di terra fig.9. È per questa modalità deposizionale insieme al microclima interno della camera sepolcrale, favorito dalle due aperture ad est, che è stato possibile per molti corpi il mantenimento di alcuni tessuti e strutture legamentose e tendinee, così come di elementi dell’abbigliamento o dei sacchi che venivano cuciti addosso a modi sudario fig.10.

Durante lo scavo della piramide dei corpi e delle deposizioni ad essa precedenti è stato chiaro che le sepolture erano avvenute in sequenza diacronica e protratta nel tempo, per cui si escludeva l’ipotesi di un’epidemia o di morti legate a eventi bellici. Inoltre la cura nella preparazione dei propri cari fig. 11 per l’ultimo viaggio, e la presenza di individui ad età alla morte così diversa, dagli infanti agli adulti senili, sia femmine che maschi, aggiungeva elementi alla validità che si trattasse di parte della comunità che viveva nei secoli XVI- XVIII a Roccapelago e che nella cripta ha trovato per ben due secoli, ultimo ricovero.


La natura dei resti umani e i numerosi reperti recuperati, ha fatto si che questa scoperta toccasse ambiti di studio diversi e che la ricerca intorno alle Mummie diventasse multidisciplinare.

La Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna ha trovato accoglienza per tutti i resti nel Laboratorio di Antropologia del Dipartimento di Storia e Metodi per la Conservazione dei Beni Culturali - Università di Bologna (sede di Ravenna) diretto dal Prof. Gruppioni, che da subito ha compreso l’importanza della scoperta.

Nella primavera del 2011 contestualmente alla fine degli scavi tutti i resti recuperati e le mummie stati trasportati presso il Laboratorio di Antropologia di Ravenna, grazie alla generosa disponibilità dell’agenzia funebre Gianni Gibellini di Modena che con grande liberalità ha messo a disposizione il personale e cinque automezzi. I reperti sono stati invece trasferiti presso il Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena nella prospettiva d’intervenire con i restauri e per definire  il progetto di valorizzazione degli stessi.

Dalla presenza durante lo scavo di archeologi e antropologi, la successiva collaborazione per la ricerca si è ampliata a entomologi, botanici, zoologi, biologi, archeologi e storici del tessuto, restauratori e storici.

Si sono dunque aperte straordinarie possibilità di studio per studiosi e scienziati che si sono mossi anche da fuori Italia con l’obbiettivo di ricostruire la vita: attività, cause di morte, stato di salute, alimentazione, tipo di lavoro, rapporti di parentela, caratteristiche genetiche, ma anche religiosità e devozione di un’intera comunità tra il XVI e l’XVIII secolo. 


Lo scavo ha restituito numerosi oggetti, quali medagliette, crocifissi, rosari e una quantità davvero considerevole di tessuti, pizzi e cuffie relativi all’abbigliamento e ai sudari che avvolgevano i defunti. Buona parte di questi oggetti, quelli che sono stati considerati altamente significativi hanno trovato nelle estate precedenti la possibilità di essere esposte in mostre temporanee. 


Quest’anno a partire dalla fine primavera 2015 numerosi reperti avranno uno spazio importante nelle contenute sale del Museo delle Mummie a Roccapelago, la cripta mostra 12 delle mummie recuperate, e la sepoltura della donna sul cui grembo accoglieva frammenti di stoffa probabili resti di vesti di piccoli infanti.  

INTERESSE SCIENTIFICO DEL RITROVAMENTO

La legge italiana tutela il patrimonio biologico che consiste anche nell’insieme dei resti organici ed inorganici di uomini, piante e animali vissuti nei vari periodi preistorici, protostorici e storici  che costituiscono, in parallelo con i beni archeologici, artistici, storici, architettonici e ambientali, un bene prezioso da tutelare in quanto rappresentante una memoria biologica, esso è quindi soggetto a salvaguardia come previsto dalla normativa giuridica (lgs. n. 42 del 2004).

L’interesse del ritrovamento avvenuto a Roccapelago è stato in primo luogo riconosciuto dalla Soprintendenza dei Beni archeologici dell’Emilia Romagna, il Dott. Donato Labate  in qualità di supervisore scientifico ha in corso di scavo compreso l’importanza della scoperta. Da questo momento si è attivata una attenzione culturale che ha fatto il giro del mondo.

 

La cripta sotto la Chiesa della Conversione di S. Paolo ha restituito circa 300 inumati fra infanti, subadulti e adulti. Un numero rilevante di corpi, conservati in connessione anatomica parzialmente scheletrizzati, erano stati deposti vestiti con camicie e calze pesanti, entro un sacco o un sudario, diverse decine di corpi conservano parti cospicue di tessuti molli mummificati. 

Il rinvenimento appare eccezionale, sia per il numero di individui riferibili ad una piccola comunità montana, sia per il loro stato di conservazione, e soprattutto per lo stato di parziale mummificazione, dovuto non ad interventi artificiali (spesso riservati a personaggi importanti del ceto religioso o a membri di famiglie illustri) ma alle particolari condizioni microclimatiche dell’ambiente di inumazione.

Si tratta dunque di un “patrimonio biologico” di enorme interesse scientifico che apre possibilità di studio straordinarie per archeologi, antropologi e studiosi di  svariate discipline che insieme potranno ricostruire vita, attività e condizioni di salute di un’intera comunità tra XVII e XVIII secolo.

Gli studi biologici, come il DNA condurranno nel caso di Roccapelago a risultati veramente importanti.

Esistono, sparsi per l’Italia, piccoli paesi accomunati dal fatto di essere rimasti isolati per secoli e, in virtù di questo isolamento, sono diventati dei veri e propri “paradisi genetici”. In questa solitudine, riferibile alla configurazione geografica, infatti, le popolazioni sono rimaste biologicamente omogenee per molti anni e il Dna degli abitanti risulta particolarmente importante per lo studio delle malattie genetiche. 

Questo è il caso di Roccapelago un piccolo borgo arroccato su un colle nell’alto Appennino modenese.

Questi aspetti determinano e definiscono Roccapelago una comunità-laboratorio ossia un’ area di ricerca dove, a causa dell’isolamento geografico e della scarsa immigrazione, si sono conservati per secoli caratteri genetici omogenei. 

In particolare, ciò che attira maggiormente i ricercatori a indagare su questi territori è lo studio delle malattie multifattoriali (malattie ostearticolari e malattie metaboliche), quelle malattie cioè che hanno una dipendenza parziale da molti geni diversi, da fattori ambientali e dalle interazioni tra i due: è proprio negli isolati genetici, con le loro popolazioni così omogenee e con caratteristiche ambientali e sociali rimaste inalterate nel corso del tempo, che risulta più facile identificare i frammenti di Dna responsabili di alcune patologie.

Roccapelago si distingue in quanto la comunità è un unicum storico e attuale.   Il ritrovamento delle mummie ha reso possibile l’individuazione durante lo scavo di un numero considerevole di caratteri epigenetici che hanno confermato l’appartenenza degli individui a stessi gruppi famigliari. Inoltre l’identificazione (già effettuata) di patologie degenerative e/o con eziologia infettiva spinge il caso in oggetto ad essere considerato una fonte importantissima.

La stretta collaborazione di scienze antropologiche e scienze genetiche (prelievi e studio di DNA da denti, tessuto compatto e midollo spinale) consentirà di ricostruire un quadro il più possibile veritiero circa l’incidenza delle malattie.

I prelievi del DNA eseguiti su un campione attuale della popolazione, hanno avuto inizio la primavera scorsa. Il campione esiguo di prelievi, solo 15 persone sono state scelte, ha già dato risultati importantissimi. I primi dati sono usciti durante il convegni tenutosi a Modena nel 2014, dai biologi di Ravenna, la Dott.ssa Cilli insieme ai suoi studenti ha iniziato le analisi del DNA, con risultati interessanti, il cui contributo verrà pubblicato negli Atti del Convegno prossimo. 

La comunità di Roccapelago, perciò, oltre che aver mantenuta sigillata nel sottosuolo della sua chiesa la storia plurisecolare e le vicende umane dei suoi membri che ora rivedono la luce e raccontano la loro storia, sembra possedere le caratteristiche di un “isolato genetico” che potrebbe essersi mantenuto nei secoli fino ad oggi. Ciò conferisce ad essa un alto valore per le interessanti prospettive di ricerca che si potranno aprire nel campo della biologia, della genetica e della patologia della popolazione, in un’ottica d’interesse biomedico. Lettura del dato biologico in chiave culturale.

 

I soggetti

(Dipartimento di Beni Culturali, Laboratorio di Antropologia, Università di Bologna - Campus di Ravenna),  Colin Shawn (Department of Archaeology and Anthropology, University of Cambridge, Cambridge, United Kingdom): Ricostruzione delle attività occupazionali nella comunità di Roccapelago attraverso l’analisi degli indicatori di carico biomeccanico con ausilio di tecnologie virtuali 3D

Stefano Vanin (Università di Huddersfield - UK)
Le Mummie di Roccapelago. Il contributo dell’entomologia 

Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche ed Ambientali - Università di Bologna

Giorgio Gruppioni, Alessio Zedde, Elisabetta Cilli (Dipartimento di Beni Culturali, Laboratorio di Antropologia, Università di Bologna - Campus di Ravenna), Monica Mosconi, Andrea Quagliariello, Sara De Fanti, Donata Luiselli (Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche ed Ambientali - Università di Bologna)
Il DNA delle mummie di Roccapelago: analisi preliminari


Gli autori Mirko Traversari, Caterina Minghetti, Vania Milani, Melanie Agnes Frelat, Giorgio Gruppioni

ABITI E TESSUTI

Il ritrovamento di abiti in sepolture,  suscita  sempre interesse, perché in qualche modo ci collega al passato; anche noi indossiamo abiti, che possono essere pure simili a quelli dei defunti. Tali ritrovamenti possono offrire una grande varietà di letture e interpretazione, fine anche ad ispirare uno stilista o artista a prendere spunti per la propria creatività. Imparare dal passato per rinnovare il contemporaneo. 

Cosi anche nel caso di Roccapelago dove però i morti erano principalmente vestiti nelle loro camice e calze di ogni giorno e rinchiusi in sudari, confezionati per la sepoltura e cuciti addosso. Le camice di ogni giorno sono a prima vista tutti uguali con poche variazioni. Questo però viene confutato appena si studiano gli indumenti da più vicino e si scoprono via via le piccole e le grandi differenze, che restituiscano l’individualità delle persone che hanno vissuto tanti secoli fa a Roccapelago. Le donne spesso adornavano le loro camice con dei merletti a fuselli, anche questi diversi l’uno dall’ altro, tutti fatti sul luogo. Che si facessero merletti a fuselli nel ‘600 e ‘700 in queste montagne, lontani dalla civiltà era fine ad ora cosa insaputa. 

Le camice degli uomini erano rinforzati alle spalle per ovvie necessità di irrobustire questo capo. La loro costruzione è spesso molto simile e in tutti casi eseguiti con cura e finezza. Si trovano piccoli ricami in punto indietro e punti intrecciati su colli, polsi e nell’arricciatura dello scollo. 

Una camicia doveva durare, ma anche rappresentare bene l’indossatore o l’indossatrice. Per chiudere i colli o i polsi, oltre ad asole e occhielli ben fatti spiccano i bottoncini raffinati e curiosi. Saperli fare bene era un lavoro da donna o tutti erano informato sul creare questi piccoli gioielli?

La camicia doveva essere usata per tanto tempo forse tutta la vita di una persona adulta. Quelli studiati fino ad adesso mostrano uso e abuso ma anche riparazioni e toppe per coprire il difetto e prolungarne l’utillizzo.

Lo stesso si può indicare per le calze talvolta in lana fina altre volte in lana grossolana, ma sempre con punti decorativi alla caviglia. In alcuni casi si può osservare una lavorazione e un materiale diverso per la creazione delle solette che erano cucite alla calza, in questo modo se usurate venivano rifatti, mentre la calza rimaneva immutata.

Lo studio di questi indumenti è appena cominciato e già si sono scoperte altre curiosità su la qualità e la tipologia dei loro indumenti: come le cuffiette in seta pregiata e nastrini lavorati a tavoletta e fettucce fatti con i cappi, oltre a frammenti di abbigliamento.

Thessy Schoenholzer Nichols 

 

I soggetti

Gli autori

PIANTE E FRUTTI

Quello dei resti di piante e frutti sembra un aspetto apparentemente secondario nel caso di scoperte come quella di Roccapelago, dove le mummie divengono il principale fuoco su cui sembra ruotare l’interesse. Invece è fondamentale sia durante il lavoro sul campo, acquisire il più possibile elementi che possano fornire informazioni sul territorio, sulle abotudini alimentari o sulle usanze legate al rito funerario nel passato. E non è secondario fare campionamenti su i resti umani mummificati, in modo che anche successivamente alla fase di scavo si possano ottenere dati di tipo archeobotanico.  Dai campioni acquisiti sono emersi dati sul bosco, presente almeno 300 anni fa, intorno a Roccapelago: castagno, querce, nocciolo e querceto misto.  Erano sicuramente presenti pascoli e campi di cereali: grano, orzo, segale e mais. 

La presenza di fiori spontanei che ancora oggi si trovano, ma sporadicamente, un tempo doveva essere abbondante nei pascoli e nei campi a fieno o a grano (rosa canina, margherite, fiordalisi, campanule, papaveri, ranuncoli),  probabilmente deposti sulle salme durante le cerimonie funerarie e poi trasportati nella cripta insieme al defunto.  

Rinvenuti anche resti di frutti (nocciole, castagne, faggiole, ghiande e prunoidee) con segni di rottura dovuti ai denti di roditori, che hanno portato dal bosco nella cripta per poterli consumare in tranquillità e lontano dai predatori.

 

I soggetti

 (Laboratorio di Palinologia e Paleobotanica - Università di Modena e Reggio Emilia)

Gli autori

Giovanna Bosi, Rossella Rinaldi, Paola Torri, Marta Bandini Mazzanti

Informazioni botaniche dalla Cripta cimiteriale di Roccapelago

INSETTI ED ENTOMOLOGIA

Un corpo umano è sempre oggetto di attenzione da parte degli insetti. Un cadavere è una grande scorta calorica che viene utilizzata da diversi organismi non solo insetti, in funzione delle caratteristiche fisiche e chimiche della salma. Lo studio degli insetti associati ad un corpo privo di vita è l’oggetto dell’entomologia forense, cioè la scienza che utilizza gli insetti per comprendere quanto tempo è trascorso dal decesso.

L’entomologia applicata in contesti archeologici diviene l’archeoentomologia funeraria (termine coniato da 1966 Jean Bernard Huchet).

Le osservazioni a partire dallo scavo archeologico di Roccapelago hanno messo in evidenza la presenza di numerosi insetti soprattutto tra i vestiti che ricoprivano i corpi ma anche tra i resti dei tessuti biologici (pelle, strutture legamentose).

Lo studio degli insetti presenti sui cadaveri antichi fornisce preziose ed importanti informazioni sulla storia del cadavere, in particolare sugli eventi avvenuti in fase peri- e post-mortale, come ad esempio la stagione della morte, le modalità di inumazione ed i trasferimenti del cadavere stesso.

Gli insetti presenti nelle tombe possono inoltre fornire indicazioni circa l’origine dei prodotti utilizzati dalle popolazioni nel passato e dare informazioni circa le condizioni sanitarie e la presenza di eventuali agenti patogeni.

Numerose sono le specie che prelevate dai vestiti e dai corpi mummificati hanno identificato diverse fasi della colonizzazione da parte degli insetti sulle mummie di Roccapelago. Oltretutto molte delle specie sono in ottimo stato di conservazione, per cui sarà possibile identificare con chiarezza ogni specie. Il numero così elevato, porta ad una complessità di studio, che richiederà un lungo periodo di analisi. Sembra quasi assurdo parlare di comunità di insetti, ma il Dott. Vanin ha confermato che la lista delle specie presenti a Roccapelago supera di gran lunga quanto già pubblicato da altri autori negli stessi studi di Archeoentomologia funeraria.

Tra la fauna ritrovata nella cripta solo resti di mammiferi da riferire principalmente a topi, rinvenuti anche questi parzialmente mummificati.

 

I soggetti

Gli autori